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San Francesco d’Assisi nacque nel 1181 ad Assisi, e morì nella stessa città nel 1226[1]. Fu educato alla vanità, secondo l’uso di numerose famiglie del medioevo[2]. Appartenne ad una famiglia benestante; da giovinetto, prima del venticinquesimo anno d’età, volle primeggiare sui suoi coetanei in tutto ciò che faceva[3]. Si rese autore di molte malefatte, fin quando Dio decise d’intervenire nella sua vita[4]. Con un’angustia spirituale ed una malattia il Signore toccò il suo cuore, che, in modo progressivo, iniziò a distaccarsi dai beni terreni[5]. Il distacco, e, soprattutto, la sua conversione si concretizzarono con un ritmo abbastanza lento, perché, scrisse fra Tommaso da Celano[6], l’inizio del cambiamento di vita non è sinonimo d’ottemperamento dei doveri verso Dio e di santificazione da realizzare in un arco di tempo breve[7]. Accanto a lui fu presente un amico[8], che condivise con lui la sua esperienza spirituale, antesignana del cambiamento di vita[9]. Desiderò di conformare la sua volontà a quella divina[10]; condivideva la pratica spirituale con quest’amico[11]; spesso, in una grotta, sita all’ingresso d’Assisi, pregava in modo raccolto ed intimo[12]. Un primo passo verso la povertà lo fece prima d’andare a vivere con i fratelli nella fede, che Dio gli donò. Decise di vendere i suoi beni ed anche il cavallo, e d’impiegare i soldi ricavati per il restauro di una piccola chiesa intitolata a san Damiano, in Assisi, donandoli ad un sacerdote molto povero, responsabile di quella chiesetta[13]. Egli inizialmente temeva i suoi persecutori, tra i quali era annoverato anche il padre; per poter fuggire da loro aveva preparato un rifugio idoneo a tale scopo; chiaramente voleva fuggire perché era ancora novizio nel cammino di conversione[14]. Giunse il momento di operare, con coraggio e fede, fuori dal rifugio, alla luce, sotto gli occhi degli abitanti d’Assisi; agì confidando in Dio e ricevendo addosso pietre e fango[15]. Riuscì a sopportare le forti sofferenze che scaturirono dalla sua fedeltà a Dio[16]. La madre ed il padre cercarono di convincerlo per l’abbandono del cammino intrapreso, ma non riuscirono nell’intento[17]. Presso Caprignone fu percosso da alcuni briganti, che lo gettarono in una buca piena di neve; egli, in un secondo momento, accertatosi della loro non presenza, si alzò e continuò a cantare[18]. Svolse, per un piccolo periodo di tempo, il servizio di sguattero in cucina, presso la badia benedettina di San Verecondio, presso Gubbio (oggi questa badia appartiene al territorio di Vallingegno); qui non fu trattato in modo rispettoso; fu costretto ad andare via per necessità; dopo un periodo di tempo il superiore della badia, avendo sentito parlare della sua santità, si recò da lui per chiedere scusa[19]. Dopo undici anni dalla sua conversione, e dopo la nascita dell’Ordine dei Frati Minori[20], fondò, nella chiesa di Santa Maria degli Angeli, con santa Chiara, l’Ordine delle Povere Dame di San Damiano[21]. Santa Chiara, giovane nobile e praticante le virtù, visse insieme alle sue consorelle monache per quarant’anni nel monastero di San Damiano in Assisi[22]. San Francesco vestì una sola tunica a forma di croce, di stoffa molto ruvida; ascoltava il vangelo e lo praticava ad litteram[23]; predicava la pace a tutti, anche ai nemici della stessa, e questi si convertivano[24]. Frate Bernardo (forse il primo frate che condivise la vita con san Francesco), uomo ricco, fu attratto dalla santità del grande cittadino d’Assisi; egli vendette i suoi beni per dare il denaro ricavato ai poveri, prima di vivere con il serafico padre[25]. I primi frati di san Francesco furono: fra Bernardo, fra Pietro Cattani, fra Egidio, fra Sabbatino, fra Morico, fra Giovanni della Cappella e fra Filippo Longo[26]. Egli insegnava ai frati come camminare bene nella povertà e nella semplicità[27]. Essi si proponevano di accogliere le persone per la salus animarum (la salvezza delle anime)[28]. I frati furono mandati a due a due: «Andate, carissimi, a due a due per le varie parti del mondo e annunciate agli uomini la pace e la penitenza in remissione dei peccati; e siate pazienti nelle persecuzioni, sicuri che il Signore adempirà il suo disegno e manterrà le sue promesse. Rispondete con umiltà a chi vi interroga, benedite chi vi perseguita, ringraziate chi vi ingiuria e vi calunnia, perché in cambio ci vien preparato il regno eterno»[29]. Li mandava nel mondo mediante l’obbedienza[30]. Egli desiderava rivedere i suoi frati, e pregava il Signore affinché gli concedesse questa grazia[31]. Nel momento in cui accanto a lui vissero undici frati, scrisse o dettò la prima regola o norma di vita (probabilmente tra il 1209 e il 1210)[32]. I primi frati vivevano la santità (lo testimonia il vescovo d’Assisi, Guido)[33].

Il santo d’Assisi, dopo la conversione, impostò la sua vita sulla pratica cattolica, condividendola con un amico. Da questo elemento biografico notiamo la sua vocazione cattolica aperta alla condivisione con altri fratelli nella fede; dunque la sua scelta di vita fu si comunitaria e fraterna, ma ordinata all’osservanza ad litteram dei dettami della fede cattolica; non un vissuto puramente comunitario, ma un cammino di fedeltà a Dio nella penitenza, cioè nella rinuncia per la conformazione a nostro Signore crocifisso. Lungi dal pensare la scelta di vita francescana come un vivere immersi nella pura e sola emotività da libro di favole o da sogno utopico, o come vocazione alla sola buona intesa con gli elementi della creazione: essa è la vocazione del cristiano, chiamato a seguire nostro Signore alla luce dell’esempio del serafico padre, attraverso la povertà e l’umiltà, cioè pregando, meditando, celebrando o partecipando al santo sacrificio della Messa, ricevendo i sacramenti, facendo il digiuno per la rinuncia ai vizi, nei quali risiede il peccato mortale, che proietta l’anima all’inferno, cioè lontano da Dio per sempre e in compagnia di Satana e dei suoi seguaci. Spesso san Francesco pregava in modo isolato, perché la sua anima aspirava al contatto stretto con Dio. La vita fraterna non è la scelta di chi si sente idoneo a vivere il contatto fisico verso l’altro; non è l’opzione per una comunità psico – socio – riabilitativa, ma l’occasione costante del soddisfacimento del desiderio di immergersi nel mistero di Dio attraverso la solitudine e il contatto con il fratello, che è immagine e somiglianza di Dio e fonte di penitenza. Il santo d’Assisi visse la povertà, cioè fu povero in spirito, non per il semplice fine di sollevarsi dagli oneri dei beni, ma per far spazio all’unica ricchezza capace di riempire l’anima di Speranza per la vita senza fine: nostro Signore Gesù Cristo. La vocazione francescana educa all’urgenza di salvare l’anima; nel tempo della presenza del Covid19 ciò che deve interessare maggiormente al cattolico non è la conservazione della vita fisica, ma la lotta contro il male (il demonio, i peccati), verso il quale si deve assumere l’atteggiamento del distanziamento energico: il male si combatte con il santo sacrificio della Messa, la confessione, la rinuncia, la mortificazione; con esso non si deve avere nessun contatto, nessuna collaborazione. Chiaramente la vita fisica, essendo dono di Dio, deve essere curata, ma essa è subordinata alla volontà di Dio. La scelta di vita di san Francesco e dei suoi seguaci ci proietta verso il coraggio di essere cattolici in un mondo liberale. Siamo chiamati a rinunciare alle scelte di vita incompatibili con la fede cattolica: l’opzione per l’appartenenza alla massoneria, alla mafia, alle strategie del do ut des, alla mentalità liberale e del compromesso. La storia primordiale dei frati minori di san Francesco ha annoverato in modo precoce il martirio, testimonianza autentica ed insindacabile di fede (faccio riferimento ai protomartiri francescani del Marocco)[34]; dunque la nostra scelta deve essere unica: i dieci comandamenti, gli insegnamenti della Chiesa e i doveri del nostro status vitae.

Con questa sintetica descrizione ho voluto far emergere il volto autentico della vocazione alla fraternità francescana.

P. Danilo Salvatore Rizzo OFM Capp  

 

     [1] Cfr. Fonti Francescane. Editio minor, Editrici Francescane, Noventa Padovana 1998, XVI – XXIV.

     [2] Cfr. idem, 201 – 203.

     [3] Cfr. ibidem, 203.

     [4] Cfr. ibidem.

     [5] Cfr. ibidem, 204.

     [6] Fra Tommaso da Celano (1190 – 1260), abruzzese, fu il primo biografo di san Francesco d’Assisi; egli scrisse, tra il 1228 e il 1253, la Vita Prima di San Francesco d’Assisi, la Vita Seconda di San Francesco d’Assisi ed il Trattato dei Miracoli. Cfr. Fonti Francescane. Editio minor…, 198.

     [7] Cfr. Fonti Francescane. Editio minor, 206.

     [8] Cfr. idem.

     [9] Cfr. ibidem, 206 – 207.

     [10] Cfr. ibidem, 206.

     [11] Cfr. ibidem. Forse frate Elia o frate Leone.

     [12] Cfr. ibidem.

     [13] Cfr. ibidem, 208 – 209.

     [14] Cfr. ibidem, 209.

     [15] Cfr. ibidem 210.

     [16] Cfr. ibidem, 211.

     [17] Cfr. ibidem, 211 – 212.

     [18] Cfr. ibidem, 213.

     [19] Cfr. Fonti Francescane. Editio Minor…, 214.

     [20] L’Ordine dei Frati Minori fu fondato dallo stesso san Francesco.

     [21] Cfr. Fonti Francescane. Editio Minor…, 216.

     [22] Cfr. idem, 216 – 217.

     [23] Cfr. ibidem, 219.

     [24] Cfr. ibidem, 220.

     [25] Cfr. ibidem, 221.

     [26] Cfr. ibidem, 222.

     [27] Cfr. ibidem, 223.

     [28] Cfr. ibidem, 224.

     [29] ibidem, 225.

     [30] Cfr. ibidem.

     [31] Cfr. ibidem.

     [32] Cfr. ibidem.

     [33] Cfr. ibidem.

     [34] Cfr. Passio Sanctorum Martyrum Fratrum Berardi, Petri, Adiuti, Accursii, Othonis, in Marochio

Martirizatorum, in: Analecta Franciscana, III, Ad Claras Aquas, 1897, 593.

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